Il termine demenza ha nell'immaginario collettivo un'accezione generica di decadimento delle capacità intellettive legato all'incedere inevitabile dell'età. Questa considerazione racchiude due concetti essenziali tanto veri quanto necessari di approfondimenti.
Partiamo dalla definizione: per decadimento cognitivo si intende il progressivo venir meno, rispetto ad un livello precedentemente conseguito, della capacità di acquisire e/o rievocare ricordi (funzione mnesica), associato ad almeno un altro disturbo cognitivo. In particolare, le principali ''funzioni superiori'' più frequentemente compromesse in un soggetto demente sono:
- linguaggio;
- funzione prassica, ossia un deficit della capacità di ideare, evocare e mettere in atto una specifica sequenza motoria che sia adeguata alle circostanze e che risponda alle esigenze del soggetto. Per esempio, l'individuo, qualora gli venisse chiesto di versare dell'acqua in un bicchiere, sarà in grado di eseguire i singoli movimenti necessari ad espletare il compito (svitare il tappo della bottiglia, accostare il bicchiere, capovolgere la bottiglia, arrestarsi prima che l'acqua trasbordi) ma non sarà in grado di applicare questo schema motorio secondo la giusta sequenza temporale (ad esempio capovolge la bottiglia prima di aver accostato il bicchiere) oppure è possibile che esegua i singoli movimenti usando oggetti sbagliati (per esempio capovolge il bicchiere sul collo della bottiglia);
- funzione gnosica, ossia l'incapacità di accedere alla conoscenza semantica di un oggetto o di uno stimolo sensitivo. Per esempio, posto un limone nella mano dell'individuo questi non sarà in grado di riconoscerlo o di evocarne il nome del colore. Talvolta il deficit può compromettere la capacità dell'individuo di riconoscere i volti, anche di persone a lui care, condizione nota prosopoagnosia;
- critica e pensiero astratto;
- l'interessamento del lobo frontale del cervello, sede di importanti funzioni sociali come l'affettività, l'inibizione comportamentale e la capacità di provare emozioni può associarsi a stati di apatia e aggressività, spesso anche nei riguardi di persone care.
Questi deficit solitamente non si associano ad alterazioni dello stato di coscienza e sono di entità tali da determinare una significativa limitazione del funzionamento sociale e lavorativo.
Secondo concetto fondamentale: l'età; nonostante essa rappresenti il principale fattore di rischio per l'insorgere di patologie degenerative responsabili di un deterioramento cognitivo (basti pensare alla malattia di Alzheimer, forma più frequente di demenza), numerose sono le cause che ne possono precipitare il decorso, anche in età decisamente più precoce. Tra queste ''forme secondarie'' le vasculopatie cerebrali rappresentano la causa più frequente di demenza. Ipertensione, aterosclerosi, patologie cardiache e diabete possono contribuire all'instaurarsi di ictus multipli in diverse aree cerebrali, cui consegue la compromissione di una o più delle funzioni suddette. Dati scientifici suggeriscono che un paziente su quattro con ictus sviluppa una forma di demenza entro 1 anno dall'evento, con picchi di incidenza tra la quarta e la settima decade di vita. Di questi, l'80% ha una storia di ipertensione.
In definitiva, l'ictus, oltre a compromettere in modo pressoché permanente funzioni fondamentali quali il moto, la parola o più in generale l'autosostentamento, ponendo il soggetto in una vera e propria condizione di disabilità, può essere responsabile di un progressivo decadimento cognitivo che lo porti a non riconoscere più i propri famigliari o, peggio ancora, ad essere aggressivo nei loro confronti.